A Cultural History of the Ottomans: The Imperial Elite and its Artefacts
Autor Suraiya Faroqhien Limba Engleză Hardback – 23 mai 2016
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Specificații
ISBN-13: 9781784530969
ISBN-10: 1784530964
Pagini: 328
Ilustrații: 41 bw and colour in 3x8pp plates
Dimensiuni: 156 x 234 x 25 mm
Greutate: 0.73 kg
Editura: Bloomsbury Publishing
Colecția I.B.Tauris
Locul publicării:London, United Kingdom
ISBN-10: 1784530964
Pagini: 328
Ilustrații: 41 bw and colour in 3x8pp plates
Dimensiuni: 156 x 234 x 25 mm
Greutate: 0.73 kg
Editura: Bloomsbury Publishing
Colecția I.B.Tauris
Locul publicării:London, United Kingdom
Notă biografică
Suraiya Faroqhi is Professor of History at Bilgi University, Istanbul. She was previously Professor of Ottoman Studies at the Ludwig Maximilians University, Munich. Among her many publications are The Ottoman Empire and the World Around It, Pilgrims and Sultans and Subjects of the Sultan (all published by I.B.Tauris).
Cuprins
List of IllustrationsAcknowledgementsNote on Transliteration IntroductionChapter 1 Re-using the work of past times and foreign lands Chapter 2 The Ottoman Sultan: victorious and pious Chapter 3 Society and its divisionsChapter 4 A world of three religionsChapter 5 Making war and peace: fighting, gift-giving and the delineation of borders Chapter 6 Eating and drinking, mostly from precious objectsChapter 7 Piles and piles of textiles and leathers Chapter 8 Earth, Water, Air and Fire: The gifts and perils of natureConclusionGlossaryTime-LineBibliography
Recenzii
Surayia Faroqhi, ottomanista affermata e attenta ai molteplici aspetti dell'artigianato, delle corporazioni e dei consumi in quel mondo articolato che è stato l'impero ottomano, ritorna con questa "Cultural history of the Ottomans." sull'argomento, guardando soprattutto alla cultura materiale, affrontata in un rapporto costante con la storia economica, le relazioni internazionali, il mondo dell'arte e la storia della mentalità. La prima considerazione è che ci si trova di fronte a un contesto, quello ottomano, che non si è confrontato solo con l'Europa - in ciò che transfer tecnologico, apparato manifatturiero e correnti artistiche avevano rappresentato - ma ha guardato in molteplici direzioni, non ultimo quel mondo orientale che sicuramente per arti e tecniche non era stato certo inferiore al modello occidentale. L'impero ottomano era stato dunque in grado non solo di mediare tra influssi intercontinentali complessi ma anche, secondo le conclusioni della Faroqhi, di sottolineare la propria originalità. Certamente l'Autrice riconosce che in alcuni ambiti, come l'arte della stampa e la diffusione del libro, l'Occidente avrebbe rappresentato un esempio non sempre seguito dal mondo islamico, un aspetto questo che avrebbe giocato negativamente in un successivo confronto rispetto al mondo occidentale e a una successiva "affermazione" economica e istituzionale di quest'ultimo. E' altrettanto vero però che l'articolata produzione di beni di lusso orientali (tappeti ottomani e persiani, seterie e porcellane cinesi, cotoni indiani, lavorazioni del cuoio e delle armi) aveva sicuramente rappresentato una corrente economica e artistica a cui il mercato europeo aveva costantemente guardato. Una dovuta attenzione è rivolta ai rapporti veneto-ottomani (considerati in uno scambio pressoché paritario sia sotto il profilo manifatturiero che artistico), ma è tutto il contesto internazionale che è stato analizzato con acribia e rara sensibilità dalla Faroqhi. Si è guardato dunque sia all'influsso francese (nella costruzione di palazzi e giardini) che a quello asburgico (la metallurgia e gli orologi di Augusta e Norimberga), come a quello indiano e cinese. Si è sottolineato ad esempio come i cotoni indiani fossero presenti da lunga data nel mercato interno ottomano attraverso la mediazione egiziana. Gli argomenti sono stati presentati con un approccio multidisciplinare in densi capitoli, traendo vantaggio da ciò che le conoscenze museali, tecnologiche, artistiche, letterarie possono darci, non dimenticando ciò che la storia della mentalità poteva significare nella costruzione del manufatto e dell'oggetto nobiliare. Un solo esempio è quello che ci è dato dal concetto di "dono" negli scambi diplomatici e nei rapporti internazionali. O ancora come le tre religioni (il cristianesimo, coniugato nella corrente armena e ortodossa, l'ebraismo e l'islamismo) avessero dei correlati precisi nel mondo artistico e manifatturiero. L'artefatto e la cultura materiale hanno permesso in definitiva alla Faroqhi di trasportarci in modo esemplare all'interno del cibo e della sua storia; nel sistema di moda e nell'abbigliamento, quali si svolgevano all'interno di classi sociali e di gruppi etnici molto diversi tra loro (una contrapposizione tra musulmani e le altre popolazioni rimase purtuttavia immanente); nell'approvvigionamento idrico delle città ottomane e di Istanbul in particolare; nella difesa di fronte ai pericoli che gli elementi naturali ("earth, water, air and fire") rappresentavano. Un mondo ottomano che è stato rappresentato dall'iconografia occidentale (ma anche orientale, risultando molto incisivo l'influsso persiano) talvolta in modo artefatto e di maniera, attraverso modelli ripetitivi, non essendo sempre facile per gli "occidentali" e i veneziani di penetrare all'interno di moschee e di palazzi imperiali al fine di raffigurare in modo realistico i sultani dell'epoca e i loro costumi: turbanti, scarpe di seta, spade riccamente articolate. Non diversamente peraltro dall'iconografia europea i sultani erano spesso rappresentati come guerrieri vittoriosi a cavallo, anche se in realtà pacifici e attenti a politiche interne e legislative. Un mondo in definitiva di "artefacts" elitari (ma non solo, come abbiamo rilevato precedentemente), carico di storia e riflesso di una cultura identitaria e originale appassionante. Sappiamo da tempo che una supposta contrapposizione tra "Oriente" e "Occidente" fosse molto più articolata di quanto il confronto bellico ed economico potesse farci concludere. I rapporti, talvolta ostili talvolta diplomatici talvolta non belligeranti tra Venezia e il mondo ottomano sono in questo senso un ottimo esempio. Lo studio della Faroqhi ci ha offerto materiale abbondante e ricco di risvolti economici e artistici su cui riflettere, ricordandoci quanto l'attenzione che solitamente rivolgiamo alle nobiltà e ai contesti europei non deve risultare minore nei confronti di questo mondo.